La fede e la profezia, un passaggio da testimone a testimone: Dom Helder Camara, Marcelo Barros, la Diocesi di Acqui.

Dom Hélder Camara è il protagonista del terzo articolo in preparazione all’incontro con Marcelo Barros che sarà domenica 17 novembre a Nizza.

Dom Hélder è uno dei padri conciliari che, assieme ad altri vescovi provenienti dai Paesi del Sud del mondo, ha offerto notevoli contributi. Fu anche tra i fautori di quella che sarebbe stata chiamata “opzione preferenziale per i poveri”. Nominato nel 1964 arcivescovo di Olinda e Recife ha lavorato per risolvere la miseria nelle favelas (i quartieri più poveri, le baraccopoli del Brasile).

Scrive don Luigi Ciotti: «La profezia di dom Hélder Camara, come il suo parlare, era fatta di vita vissuta. Prima di iniziare la messa della festa del Corpus Domini disse “Mi sto sentendo male nell’uscire per la strada, portando il pane dell’Eucarestia depositato in un ostensorio dorato, circondato da pompa e splendore, sapendo che, allo stesso tempo, il corpo del Cristo è ignorato e maltrattato nelle persone povere che giacciono sui marciapiedi, nei bambini di strada. I fedeli seguiranno la processione e adoreranno la presenza del Cristo nel sacramento, ma continueranno a ignorare che egli grida nelle persone povere che abbiamo abbandonato a se stesse».

Marcelo Barros era ancora giovane studente di teologia e giovane monaco quando dom Hélder lo scoprì e lo associò al suo ministero nel campo dell’ecumenismo. Egli conobbe da molto vicino il dom (così vengono chiamati i Vescovi in Brasile) e lo scoprì come un figlio scopre un padre. E’ Marcelo a scrivere di lui «La cosa che più mi sorprese all’inizio fu che l’arcivescovo era, prima di tutto, un uomo libero! Questo lo portò ad accogliere persone perseguitate, a protestare contro carcerazioni arbitrarie, causandogli l’opposizione del potere militare [la dittatura militare in Brasile durò dal 1964 al 1984]. Gli diede il coraggio di legare sempre la fede alle sue espressioni sociali e politiche. Pur avendo ricevuto una formazione spirituale e morale rigida si sentiva interiormente libero».

Nel 2006 José Comblin (teologo belga esperto di America Latina) scrisse «tutti i “Santi Padri dell’America Latina” furono perseguitati. Dom Hélder soffrì 40 anni di persecuzione, fu profondamente umiliato. Subì più di altri perché era molto sensibile e aveva una grande devozione per il papa, tanto che ogni segno di rifiuto lo colpiva nella parte più profonda della sua sensibilità. Una volta che il dom fu acclamato come vescovo dei poveri, attrasse inevitabilmente su di sé tutto il risentimento delle classi dominanti. Ma non era solo. Se avevano trattato così anche Gesù, non poteva sperare in una sorte diversa… Dom Hélder è quasi dimenticato, ma la sua figura ricomparirà quando sentiremo la necessità di un orientamento cristiano in un mondo nuovo, con una Chiesa che rifiuterà il marketing religioso voluto dalla globalizzazione economica. La generazione dei “santi padri dell’America Latina” illuminerà ancora i percorsi del cristianesimo e non solo in America Latina, ma nell’umanità intera».

Forse Jorge Mario Bergoglio è un pezzo di questa lettura profetica, forse l’incontro con Marcelo Barros in Diocesi di Acqui può essere un piccolo passo per ascoltare la voce e l’esperienza della Chiesa sudamericana, un passaggio da testimone a testimone.